giovedì 18 ottobre 2012

Fingersi gay per 365 giorni, il racconto di Timothy



Girando per la rete a volte balzano notizie davvero curiose sotto gli occhi… Mi è capitato di leggere la storia di Timothy Kurek, ragazzo 26enne del Tennessee che, pur essendo eterosessuale, cristiano e conservatore, ha deciso di fingersi gay per un anno al fine, dice lui, di comprendere la condizione degli omosessuali e superare i pregiudizi nei loro confronti.
L’idea avrebbe cominciato a prendere forma nel 2009 quando, mentre una sua amica si confidava in lacrime con lui per essere stata cacciata di casa dai genitori perché lesbica, lui anziché pensare a cosa dire per consolarla riusciva solo a pensare a cosa dirle per “convertirla”…
A seguito di questo anno passato da gay ha perso più del 90% dei suoi amici e la stessa madre gli ha confessato «Preferirei aver scoperto di avere un cancro piuttosto che ritrovarmi un figlio così…», anche se poi in seguito, dopo aver scoperto la verità, è divenuta una sostenitrice dei diritti gay.
Ovviamente, come nella migliore tradizione, l’esperienza è stata tradotta in un libro di prossima pubblicazione… 

Ad una manifestazione per i diritti gay

 La prima cosa che ho pensato dopo aver letto questa notizia è stato: che cavolo, non c’è mica bisogno di fingersi gay per capire il pregiudizio che circonda questa ‘categoria’, basta leggere i giornali, guardare la tv, ecc… poi però mi è venuto da pensare a tanti discorsi fatti nel corso degli anni con alcuni miei amici e al fatto che molti etero non hanno affatto la cognizione del pregiudizio che circonda gli omosessuali, non per omofobia, ma semplicemente perché davvero non se ne accorgono…
Essere gay per 365 giorni magari è eccessivo, ma se tutti nella loro vita vivessero almeno una giornata da omosessuali allora gran parte dei pregiudizi verrebbero a cadere…

12 commenti:

  1. Certo però che ce ne vuole... cioè era davvero indispensabile fingersi gay per capire appieno le condizioni discriminatorie in cui versa la comunità LGBTQ? Secondo me se ne poteva rendere conto anche senza fare questo "viaggio" dentro l'omosessualità, ma se questo gli è servito ben venga...

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    1. Ovviamente non c'è n'è bisogno, basterebbe un pò di buona volontà come ad esempio non c'è bisogno di essere di colore o un immigrato per capire le discriminazione a cui è sottoposto chi appartiene a queste categorie, anche se su una cosa questo ragazzo ha pienamente ragione, capire le discriminazioni altrui è un conto, viverle sulla propria pelle è un altro...

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  2. Per capire una condizione ci si può entrare dentro, a capofitto, ma anche no !

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    1. E si Bimbo, diciamo pure che la sua è stata un'esagerazione...

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  3. trovo che la cosa abbia un senso soprattutto se fatta da chi normalmente giudica senza conoscere minimamente.

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    1. Guarda Amoon se a lui e ad altre persone questa esperienza è servita ad avere un punto di vista più oggettivo e comprende, se non a pieno almeno meglio, una situazione così complessa allora ben venga...

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  4. Quanti gay come me potrebbero fare la stessa esperienza ,ma all'inverso?
    Mi viene da pensare che un etero può spaziare nel mondo gay ma non tutti i gay (ovvio parlo per me solamente) si trovano a loro agio nel mondo etero.Allora si nasce o si diventa?Luigi43

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    1. Ecco questa si che è una bella questione, personalmente quando me lo chiedono io rispondo che lo si è è basta, non so se lo si nasca o lo si diventi, ma certo non lo si seglie, è solo una condizione in cui ci si ritrova puntoe basta...

      Una cosa però è da notare, quanti gay si fingono etero e non per 365 giorni, ma per una vita intera?

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  5. credo che sia una questione di empatia; c'è chi riesce benissimo a mettersi nei panni degli altri e comprendere come si sentono, c'è chi ha bisogno di vestirli in senso fisico, i panni degli altri. penso comunque che questo tizio sia stato molto onesto verso se stesso: ha voluto capire e ci è riuscito. peccato che a moltissime persone non sfiori nemmeno l'anticamera del cervello di provare a immedesimarsi nel suo prossimo per comprenderlo meglio.

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    1. E' verissimo Guchi allamaggior pare delle persone non solo non interessa immedesimarsi nel punto di vista altrui, ma in generale non interessa proprio il punto di vista degli altri... se tutti quanti prima di giudicare o di dare delle opinioni aprioristiche sugli altri provassimo a vedere le cose sotto il loro punto di vista e a metterci nei loro panni, allo saremmo molto meno "cattivi" nei nostri giudizzi...

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  6. Conosco un avvocato di Torino che "per capire" ha fatto il barbone per 4 mesi continuati alla Stazione Termini di Roma. Anche questa un'esagerazione. Che però gli è servita per cambiare la sua vita ed ora sono 23 anni che gestisce un alloggio notturno per i senzatetto.

    E' la strategia dei role-play... può funzionare.

    Anche se ho il tuo stesso dubbio: non mi serve essere di colore per comprendere le difficoltà che si vivono per sentirsi accolti, rispettati e integrati...

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    1. Sai mi dai molto da riflettere con la soria di questa persona che racconti... in effetti è vero che non c'è bisogno di mettersi fisicamente nei panni altrui per comprenderne le discriminazioni, ma è altrettanto vero che solo provandole sulla propria pelle se ne può avere una conoscenza oltre che teorica anche emotiva... e solo se si è emotivamente coinvolti si può prendere una decisione impegnativa come quella di gestire una struttura per senzatetto...

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